“La ricerca in Italia – Cosa distruggere, come ricostruire” è il titolo di un convegno organizzato dall’Università Commerciale Luigi Bocconi. Ma cosa rimane ancora da distruggere? La risposta degli organizzatori è lapidaria: “è giusto tenere in vita dipartimenti e centri di ricerca in cui più del 30% delle persone non fanno ricerca al di sopra di standard minimi?”. Ma dove sono questi rami secchi? Nella VQR, le strutture con un numero di inattivi superiore al 30% sono talmente poche da non giustificare un convegno. Forse gli organizzatori invocano la chiusura dei dipartimenti delle università che producono troppa ricerca di qualità “limitata”. Una categoria in cui però rientra anche la stessa Bocconi: il 33% dei suoi “prodotti della ricerca” è stato giudicato di qualità “limitata”, mentre due suoi dipartimenti sarebbero in prima fila tra i candidati alla chiusura dato che più del 35% dei loro ricercatori rientra tra quelli che non hanno presentato nemmeno un lavoro di qualità “accettabile”.
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