La questione Human Technopole, nella sua complessità, ha messo in evidenza alcuni aspetti strettamente connessi sia ai problemi del sistema universitario del paese, sia ai problemi specifici del nostro Ateneo. Il Circolo era già intervenuto sul progetto di questo centro con una breve nota del 10 novembre 2015. Pubblichiamo ora interventi che presentano vari aspetti della questione.
La storia è nota: il governo vara il progetto Human Technopole sul sito di Expo affidandone (con decretazione di urgenza) la regia all’Istituto Italiano di Tecnologia. Una creatura, anomala l’IIT: doveva essere un volano per la ricerca tecnologica del paese, ma si regge su ingenti fondi pubblici con pochi percento di finanziamenti privati. Finanziamenti pubblici gestiti opacamente: nonostante lo statuto, i bilanci non vengono resi pubblici. Se gli atenei milanesi protestano, la soluzione è presto trovata: inserire nel comitato guida anche i rettori di Statale, Bicocca e Politecnico, che, ottenuto un posto a tavola, sono ben disposti a chiudere gli occhi sul resto. Fabio Rugge, il rettore dell’ateneo pavese, scrive una lettera al Corriere, proprio sulla spinosa vicenda Human Technopole. E Rugge cosa dice a proposito?
La storia è nota: il governo vara il progetto Human Technopole sul sito di Expo affidandone (con decretazione di urgenza) la regia all’Istituto Italiano di Tecnologia. Una creatura, anomala l’IIT: doveva essere un volano per la ricerca tecnologica del paese, ma si regge su ingenti fondi pubblici con pochi percento di finanziamenti privati. Secondo Sette, l’inserto del Corriere,
nei padiglioni vuoti di Expo nascerà l’uomo quasi immortale
ma produttività e impatto della ricerca scientifica dell’IIT sono metà o meno di quelle del Politecnico di Bari e i conti rimangono avvolti nella nebbia, nonostante lo statuto imponga di pubblicare i bilanci.
Se gli atenei milanesi protestano, la soluzione è presto trovata: inserire nel comitato guida anche i rettori di Statale, Bicocca e Politecnico, che, ottenuto un posto a tavola, sono ben disposti a chiudere gli occhi sul resto. Inutile dire che tacere o – peggio – plaudire a questo genere di operazioni significa dare manforte al processo di smantellamento finanziario e denigrazione morale dell’università statale e della ricerca pubblica. Un processo per contestare il quale undici dipartimenti pavesi hanno approvato mozioni di astensione dalla procedure di valutazione della ricerca, la VQR 2011-2014.
Fabio Rugge, il rettore dell’ateneo pavese, scrive una lettera al Corriere, proprio sulla spinosa vicenda Human Technopole. L’anomalia di IIT che non pubblica i suoi bilanci deriva da quella che la Corte dei Conti definisce
scelta di un modello di organizzazione di diritto privato, destinataria di finanziamenti pubblici, nel perseguimento di finalità di interesse generale.
Un modello che, per la sua scarsa trasparenza, ha suscitato diversi interrogativi, rimasti per ora senza risposta.
E Rugge cosa dice a proposito?
Ma allora cosa si aspetta a liberare gli atenei pubblici da quella corazza?
E anche:
Il regime giuridico in cui operano le università, quello della pubblica amministrazione, non le rende capaci di competere per l’eccellenza.
Ma essere meno trasparenti nell’uso dei finanziamenti pubblici è davvero così auspicabile? A dire il vero, è l’IIT a non essere capace di competere con il Politecnico di Bari: nel 2012 IIT ci è costato 100.000 Euro per articolo contro 50.000 del Politecnico di Bari e 9.500 Euro a citazione contro 2.900 dei baresi.
E se misuriamo l’eccellenza con quello che Rugge definisce “l’indicatore di valore scientifico”, si vede che l’H index del Politecnico di Bari è più “stratosferico” (H = 40 contro H = 37 di IIT). Senza dimenticare che, oltre a raggiungere quell’H-index, il Politecnico barese eroga didattica a una popolazione di studenti che nell’A.A. 2011/12 ammontava a 11.433 iscritti.
I dipartimenti pavesi e i loro direttori hanno lanciato l’allarme per la progressiva erosione del diritto allo studio, sottolineando il rischio di una vera e propria desertificazione universitaria e scientifica del Paese, un allarme ripreso anche dal Senato Accademico dell’ateneo.
Il Rettore Rugge, nella lettera del 15 gennaio indirizzata al personale dell’ateneo esprime il desiderio di «corrispondere nel modo più convinto e preciso» alla presa di posizione del Senato, anche in merito alla «drammatica carenza di finanziamenti del sistema della formazione superiore e della ricerca in Italia». Ma nella sua lettera al Corriere si domanda se abbiano ragione quelli che ritengono giusto finanziare diffusamente molti centri e permettere che la qualità media generi risultati di pregio. «Forse no» è la sua risposta. Possono andar bene anche ”i poli di eccellenza” creati dall’alto, come Human Technopole gestito da IIT: «una buona idea e soprattutto un’ottima occasione». Purché sia progettata davvero bene: «È stato fatto? Non del tutto. A 25 minuti dalla stazione centrale di Milano, a Pavia esiste un ateneo multidisciplinare». L’unico neo, insomma, è una dimenticanza territoriale.
A parte l’orario ferroviario, perché Pavia e non altri atenei? «Alcuni dipartimenti, quello di matematica, ad esempio, sono vedette internazionali». E inoltre alcuni dei docenti pavesi «hanno un H index (l’indicatore di valore scientifico) stratosferico» e così via. Se il piano del discorso è quello delle iperboli, condite da una spruzzata di classifiche e indicatori – affidabili o meno che siano – al “vengo anch’io” di Pavia, il rettore del Politecnico di Milano potrebbe replicare «no, tu no», ricordando il recente crollo di Pavia nella Classifica QS: -130 posizioni in un anno. Pavia, da 371-esima che era nel 2014 è scesa a 501-550-esima nel 2015, mentre il Politecnico ha guadagnato 42 posizioni (da 229-esima nel 2014 a 187-esima nel 2015).
Lo scorso ottobre, 126 docenti del Politecnico di Milano hanno scritto al Presidente della Repubblica per denunciare «una generalizzata riduzione dei finanziamenti all’Università – già ai livelli minimi fra i Paesi più avanzati» e per chiedere che venga garantito «un accesso alla ricerca e all’alta formazione equamente distribuito su tutto il territorio nazionale».
Che la nave dell’università italiana stia affondando è sotto gli occhi di tutti: è di pochi giorni fa l’inchiesta di Repubblica.it intitolata “La grande fuga dall’università“. Ciò nonostante, i governi degli atenei, preferiscono dar fondo alla loro abilità dialettica, brandendo ogni genere di parametri e classifiche per contendersi un posto al tavolo –piccolo, ma imbandito – dell’eccellenza.
Raggiungendo vertici degni di nota. “Classifiche internazionali: ottimi piazzamenti per l’università di Pavia” è stato il titolo con cui UNIPV.news ha dato notizia dell’edizione 2015 della classifica QS, quella in cui l’ateneo aveva perso 130 posizioni nella classifica generale.
“Università di Pavia – Un posto al tavolo delle eccellenze” è il titolo sotto il quale il Corriere ha pubblicato la lettera del rettore di Pavia. Può darsi che il titolista avesse in mente l’”Aggiungi un posto a tavola” del famoso musical, anche se nutriamo qualche dubbio sulla possibilità di emularne il lieto fine.