Stefano Ramat – 28/04/2013
Il Trasferimento Tecnologico nell’Università di Pavia
Il trasferimento tecnologico (TT) consiste nella valorizzazione e nello sfruttamento, in termini economici e di proprietà intellettuale, dei risultati della ricerca scientifica. Si tratta del trasferimento della conoscenza sviluppata nella ricerca di base, tipicamente all’interno degli atenei e degli enti di ricerca, alla ricerca applicata, al mondo delle imprese e più in generale al sistema economico. Il TT rappresenta dunque uno strumento di crescita e sviluppo economico della società e del territorio, che solo recentemente ha trovato spazio ufficiale nella regolamentazione delle università e della ricerca Italiana. Negli ultimi anni, infatti, il trasferimento tecnologico è divenuto, dopo quello della ricerca e della didattica, il terzo obiettivo dell’Università Italiana: Il TT è stato individuato come ulteriore indicatore in base al quale il MIUR attribuisce agli atenei la quota premiale del fondo di finanziamento ordinario, gli indicatori di terza missione sono ampiamente presenti tra i criteri della VQR 2004-2010. ed è una delle voci che sono state previste dall’ANVUR nella recente procedura per l’Abilitazione Scientifica Nazionale tra i criteri di valutazione dei candidati alla docenza universitaria.
Il successo di un programma di trasferimento tecnologico è critico per creare nuove opportunità di impresa e di sviluppo nel nostro territorio, in particolare in una fase di difficoltà economica legata alla trasformazione dei mercati e dello scenario internazionale come quella attuale. La riuscita creazione di efficaci meccanismi di trasformazione dei risultati della ricerca in iniziative imprenditoriali, spin off e start up, verosimilmente caratterizzate da attività di impresa ad elevato contenuto scientifico, rappresenterebbe inoltre una notevole valvola di sfogo per i migliori studenti prodotti della didattica universitaria, per i dottori di ricerca ed i post doc che, nell’attuale scenario economico ed accademico, hanno scarse possibilità di impiego adeguato alla preparazione raggiunta.
L’Università di Pavia, pur avendo tentato di investire nello sviluppo di condizioni ambientali favorevoli al TT attraverso la proposta di creare un Polo Tecnologico già dalla metà degli anni 90, prima, e la creazione di un ufficio dedicato al TT poi, è oggi molto più indietro di altri atenei italiani sia in termini di occasioni sfruttate con successo, sia in termini di infrastrutture, meccanismi e rete di contatti necessari per avere successo in esperienze di TT, ma prima d’ogni altro aspetto è indietro in termini di diffusione della cultura del TT sia nel corpo docente che nel personale tecnico-amministrativo. La complessa storia che in questi anni ha visto l’iniziativa pubblica per la creazione di un Polo Tecnologico di Pavia, e che di fatto ha raggiunto il suo intento di dar luce ad un polo tecnologico a Pavia, sebbene interamente privato, ha mostrato in ultima analisi una collaborazione da parte delle altre istituzioni presenti sul territorio ed in particolare del Comune e della Provincia. E’ tuttavia l’Università il primo interessato allo sviluppo del trasferimento tecnologico, per tutto quanto precedentemente illustrato, ed è pertanto l’Università che dovrebbe essere il primo motore delle iniziative volte alla creazione di meccanismi di trasferimento tecnologico e di un Parco Scientifico e Tecnologico pulsante nella nostra città, investendoci massicciamente risorse umane ed economiche, nonché energie scientifiche e relazionali.
L’investimento nel TT è un investimento di lungo termine, i cui frutti non sono immediati e il cui ritorno è difficilmente quantificabile nel breve periodo. Facilitare il trasferimento tecnologico è infatti un obiettivo che richiede numerose competenze che vanno dalla capacità di cogliere, nella ricerca realizzata, l’opportunità di conversione verso il mercato, alla conoscenza della normativa internazionale in termini di proprietà intellettuale, di diritto societario, la conoscenza delle opportunità di facilitazione degli iter burocratici, di accesso al credito, ai bandi nazionali e internazionali, alla rete dei parchi scientifici e tecnologici. Si tratta di competenze che possono essere in parte trovate in Ateneo, in parte possono essere formate, ed in parte dovranno essere acquisite dall’esterno, anche attraverso consulenze.
Per il nostro ateneo si tratta quindi di trovare prima di tutto profonda convinzione nei vertici, nel Rettore e la sua squadra di governo, che pongano il TT tra gli obiettivi primari dell’intero Ateneo promuovendo la cultura del TT sia presso il personale docente e che quello amministrativo.
Allo stato attuale le attività di TT sono state fatte rientrare nelle competenze della divisione ricerca e sono state suddivise in due settori: brevetti e spin-off. Il primo pur avendo portato al deposito di diversi brevetti nei suoi anni di attività, si è limitato a gestire l’interazione con la Jacobacci & Partners S.p.A. che ha gestito la redazione dei brevetti, la documentazione e le scadenze formali, tralasciando peraltro qualsiasi impegno nella fase di commercializzazione dei brevetti depositati e dando quindi luogo a diversi abbandoni e occasioni mancate. L’attività del secondo settore ha portato alla creazione di un totale di 20 spin off, di cui ben 10 nate nel 2012. Tra queste la maggior parte sono di tipo Accademico e due sono di tipo Universitario, ovvero vedono l’Ateneo partecipare al capitale della società. Nonostante i risultati incoraggianti conseguiti nel 2012 questo settore è gravemente sottodimensionato, potendo contare ad oggi su una sola risorsa di personale che necessariamente si trova a dover privilegiare alcuni servizi di TT a discapito di altri quali il supporto alla partecipazione a bandi per fondi di finanziamento, contatti con venture capital e lo scouting di opportunità di creazione di impresa presso i vari dipartimenti dell’Ateneo.
Inoltre, se l’Ateneo si è dotato di un regolamento interno per gli spin off nel 2007, va colmata l’assenza di un regolamento di Ateneo sia in materia di brevetti, che di conflitto di interesse, entrambi necessari per una attività di TT istituzionale.
Da un punto di vista organizzativo l’attività di TT dell’ateneo potrebbe sfruttare la collaborazione con la società Polo Tecnologico Servizi S.r.l. (PTS) cui partecipano pariteticamente l’Università, la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio di Pavia. Questa potrebbe svolgere, attraverso l’unità di personale fornito dalla stessa Università sotto forma di quota di ricapitalizzazione, il ruolo di coordinamento centrale dell’attività di TT mentre l’Ateneo dovrebbe individuare tra il proprio personale amministrativo figure che possano, dopo un’adeguata formazione, essere decentrate presso i dipartimenti e realizzare scouting di opportunità di TT, nonché diffusione della cultura del TT.
Un commento a margine: sebbene sia comune identificare (o quasi) la terza missione con le attività di trasferimento tecnologico, sembra tuttavia limitativo restringerla agli ambiti delle scienze dure. Per esempio, c’è chi ne dà una definizione più generale:
“The ‘Third Mission’ refers to all activities concerned with the generation, use, application and exploitation of knowledge and other university capabilities outside academic environments.”
http://rev.oxfordjournals.org/content/16/4/321.abstract
Lungo questa linea di pensiero, Diane Hicks ritiene che per le scienze umane la produzione di letteratura “divulgativa” (“enlightenment” è il termine usato) svolga un ruolo in qualche modo paragonabile a quello svolto dai brevetti per gli scienziati e gli ingegneri:
“Enlightenment literature moves knowledge into application, performing a function for social scientists analogous to patenting for scientists.”
(Diana Hicks: One size doesn’t fit all: On the co-evolution of national evaluation systems and social science publishing, doi:10.3384/confero13v1130117)
Un altro link che sviluppa le declinazioni della terza missione in relazione ai seguenti campi di studio: urban studies, Finno-Ugric and Baltic-Finnish languages, learning difficulties and medical biobanks:
Varieties of the third mission: mechanisms and institutions of university-society relationship in different disciplines
http://blogs.helsinki.fi/thirdmission/
Uno spunto, che deriva da esperienza personale recentissima e in corso. Molte spin-off di UniPV hanno sovrapposizione di mission. Siamo ormai abituati alla competizione anche interna, vedi ad es. per i PRIN. A livello di organi accademici, nel TT, la possibile (e sottolineo, solo possibile) competizione interna, per alcuni é vista come fattore discriminante, su di una base “first come first served”, anche solo in termini di giorni. Il criterio delle pari opportunità, non in senso di genere, ma in quello “sarà il mercato a decidere” é osteggiato. Io sono comunque notoriamente a favore delle sinergie. Ma dei preconcetti, no.
-R.